giovedì 29 gennaio 2009

Sventurato nacqui distinto


Non posso (ri)conciliarmi con voialtri… Non cerco conciliazioni umane o paraumane. Sventurato nacqui distinto, a me stesso altro, altero e inconciliabile. Coltivai distinzione e alterità, insulti ironie e oscenità. Voi apparecchiate mediocri consessi all’angolo di un quadrivio, su una pista da ballo, attorno ad uno schermo che vi incensa e consuma, sui divani, negli stadi e sugli altari… Io perduro e persuado la mia mediocre e profetica aderenza al mondo nel mio inquieto perire. Risparmiatemi, soprattutto, moniti e comprensioni. E lasciatemi divertire (cioè morire…) con capricci e infamia. Lasciatevi sognare avendo cura di non destare chi sogna di sognare e di essere sognato. Non concedo né desidero perdoni, assoluzioni, compassioni, critiche, teoremi, elucubrazioni e pettegolume in genere. Non mi interessate sotto alcun rispetto; nemmeno, oramai, sotto un punto di vista folcloristico o circense. Sono nauseato di voi e di me (il me che in questo momento insorge e scrive). Ma non vi cerco: vi subisco. Ma non mi trovo: mi perdo e mi sopporto. Abbiate cura di smarrirvi, di contestare bandire e insultare le sedicenti guide. Siate proclivi alla contraddizione. Lapidate chi vi intima la coerenza senza sapere che ogni giorno, per il semplice fatto di svegliarsi dopo il sonno, si è incoerenti per definizione. La vita è solo contraddizione. La coerenza viene - torna - dopo. Non compiangete chi vi compiange, giacché l’universo non compiange nessuno. Siamo il glorioso e perituro accidente che impone la nostra vicendevole miseria.

Antonio Perrotta

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