mercoledì 28 gennaio 2009

Marianate DOC (Denominazione Origine Confessata)


La mattina dell’otto dicembre 1854, papa Pio IX si desta più confuso del solito e proclama la dogmaticità di una Bolla (più problematica e meno probante di quella che in questo preciso istante infastidisce l’alluce del mio piede sinistro): [...] affermiamo e definiamo rivelata da Dio la dottrina che sostiene che la beatissima Vergine Maria fu preservata, per particolare grazia e privilegio di Dio onnipotente, in previsione dei meriti di Gesù Cristo Salvatore del genere umano, immune da ogni macchia di peccato originale fin dal primo istante del suo concepimento, e ciò deve pertanto essere oggetto di fede certo ed immutabile per tutti i fedeli. Questa la conclusione di un arbitrio, infallibile e divinamente ispirato, dal titolo Ineffabilis Deus (è curioso notare come Dio si recensisca e definisca sin dal titolo, giacché non c’è motivo di dubitare che lo stesso sia divinamente infuso). Oltre questa marianata DOC (denominazione di origine confessata) cui il fedele è tenuto a credere devotamente fin dall’istante successivo alla sua pubblicazione, non si trascuri che per effetto di ciò la Beata Vergine in tutta la sua vita non ha commesso alcun tipo di peccato, né mortale né veniale (come Gesù in sostanza, che visse da umano come tutti gli umani, ma in modo perfetto, esemplare, esente da peccato. Tanto più che essendo anche Dio poteva emendare ogni peccato, passarli ingiudicati). A Maria fu dunque dato in anticipo il privilegio che poi sarà concesso al Divino incarnato, “suo” figlio: quello di vivere umanamente ma senza peccare. E questo evidentemente per dare un’immagine di purezza delle origini cristologiche su questa terra, per non contaminare una futura vita santa con l’abiezione del peccato da parte di chi, per gentile intercessione dello Spirito, l’aveva generata. E perché non concederla anche al “padre” Giuseppe? Perché fu semplice spettatore e terzo incomodo di un connubio divino, se non incestuoso, direbbero i maligni… Ma allora se il Gesù che vive senza peccare ha bisogno di una madre senza peccato, perché non provvedere in tal senso anche verso la madre di Maria e la madre della madre…? Perché oltre Maria, in realtà, i credenti smettono di interrogarsi e sono appagati. Perché elevare una donna - quella donna - senza macchia a quarta persona della Trinità (come di fatto è) con tutte le adorazioni i consensi e le apparizioni che ne conseguono, è un’abile mossa di favore politico. Perché affiancare alla Cristologia la Mariologia e soprattutto il culto mariano fa proseliti persino tra le fila di quel gentil sesso notoriamente incline ad invidiare e diffamare la gonna al trotto che non sia la propria. E tutto questo dopo i deliri verginali (in aperta contraddizione con i Vangeli) operati da Giovanni Crisostomo e dal Concilio di Nicea. Stessa politica per gli stigmatizzati e i santi, tutti con il nome di tutti e per ogni occasione, affinché ciascuno abbia il proprio Be(l)ato da sbandierare e rivendicare. Simili operazioni, dato che i credenti non sanno Dio cosa sia né vogliono saperlo (giacché non intendono confrontarsi con il Nulla), portano inevitabilmente alla moltiplicazione e all’adorazione feticista di una miriade di altarini e santi personali se non della Vergine par exellence, come il penultimo papa ha dimostrato (quel Wojtyla moltiplicatore di miracoli e di santi, miracoloso estensore e notaro di prodigi, esecutore egli stesso di taumaturgici offici in odore di santità). Lo stesso Gesù, il figlio di Dio, questa incarnazione astrologica del sole, questa contraffazione di Horus e Mithra, ha meno idolatri di “sua” madre o di padre Pio. In realtà Dio è distante perché non c’è, e per renderlo mediatamente credibile ha bisogno di una vasta scala mediana di intercessioni: dagli arcangeli e i santi ai predicatori ai profeti ai miracoli e alle statue. A questa naturale tendenza ed esigenza religiosa neppure la Chiesa ha potuto rinunciare. In compenso ne ha saputo lucrare. Questo fa sì che il Cristianesimo sia la religione più politeista e idolatra al mondo. Tuttavia mi chiedo (ed è davvero meno importante e sconcertante di ciò che ho appena scritto): In una condizione di privilegio come quella di Gesù, si può sconfiggere il peccato da cui non si è sfiorati? Si può redimere senza essersi bagnati in esso? Si può esserne anche solo tentati sapendo, o almeno intuendo, di non potere comunque esserne contaminati? Si può capire la virulenta forza che lo anima senza averlo scrutato negli occhi lasciandosene sedurre e divorare? Si può essere perfetti e onnicomprensivi senza comprendere abbracciare e professare il male? Antonio Perrotta

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