martedì 28 dicembre 2010

Le parole e le frequenze possono influenzare e riprogrammare il DNA

Il DNA umano è un Internet biologico, superiore, sotto molti aspetti, a quello artificiale. La più recente ricerca scientifica russa spiega, direttamente o indirettamente, fenomeni quali la chiaroveggenza, l'intuizione, gli atti spontanei ed a distanza di cura, l'auto-guarigione, le tecniche di affermazione, la luce o aure insolite intorno alle persone (concretamente, dei maestri spirituali), l'influenza della mente sui modelli climatici e molto ancora. Inoltre, ci sono segni di un tipo di medicina completamente nuova nella quale il DNA può essere influenzato e

riprogrammato dalle parole e dalle frequenza SENZA sezionare e rimpiazzare geni individuali.
Solo il 10% del nostro DNA viene utilizzato per costruire le proteine. Questo subcomplesso di DNA è quello che interessa i ricercatori occidentali che lo stanno esaminando e catalogando. L'altro 90% è considerato "DNA rottame". Tuttavia, i ricercatori russi, convinti che la natura non è stupida, hanno riunito linguisti e genetisti per intraprendere un'esplorazione di quel 90% di "DNA rottame". I loro risultati, scoperte e conclusioni sono semplicemente rivoluzionarie! Secondo loro, il nostro DNA non solo è il responsabile della costruzione del nostro corpo, ma serve anche da magazzino di informazioni e per la comunicazione.

I linguisti russi hanno scoperto che il codice genetico, specialmente nell'apparentemente inutile 90%, segue le stesse regole di tutte le nostre lingue umane. Per questo motivo, hanno confrontato le regole della sintassi (il modo in cui si mettono insieme le parole per formare frasi e proposizioni), la semantica (lo studio del significato delle parole) e le regole grammaticali di base. Hanno scoperto che gli alcalini del nostro DNA seguono una grammatica regolare e hanno regole fisse come avviene nelle nostre lingue. Così le lingue umane non sono apparse per coincidenza, ma sono un riflesso del nostro DNA inerente.

Anche il biofisico e biologo molecolare russo Pjotr Garjajev e i suoi colleghi hanno esplorato il comportamento vibratorio del DNA. (Per essere breve, qui farò solo un riassunto. Per maggiori informazioni, per favore, andate all'appendice finale di questo articolo).
La linea finale è stata: "I cromosomi vivi funzionano come computer "solitonici/olografici" usando la radiazione laser del DNA endogeno". Questo significa che hanno fatto in modo di modulare certi modelli di frequenza con un raggio laser e con questo hanno influenzato la frequenza del DNA e, in questo modo, l'informazione genetica stessa.


Siccome la struttura base delle coppie alcaline del DNA e del linguaggio (come si è già spiegato) sono la stessa struttura, non si rende necessaria nessuna decodificazione del DNA.

Uno semplicemente può usare parole e orazioni del linguaggio umano! Questo è stato anche provato sperimentalmente.
La sostanza del DNA vivente (in tessuto vivo, non in vitro), reagirà sempre ai raggi laser del linguaggio modulato e anche alle onde radio, se si utilizzano le frequenze appropriate. Infine questo spiega scientificamente perchè le affermazioni, l'educazione autogena, l'ipnosi e cose simili possono avere forti effetti sugli umani e i loro corpi. E' del tutto normale e naturale che il nostro DNA reagisca al linguaggio. Mentre i ricercatori occidentali ritagliano geni individuali dei filamenti del DNA e li inseriscono in un altro posto, i russi hanno lavorato con entusiasmo con dispositivi che possono influenzare il metabolismo cellulare con le frequenze modulate di radio e di luce per riparare difetti genetici.

Per esempio il gruppo di ricercatori di Garjajeva ha avuto successo nel provare che con questo metodo si possono riparare i cromosomi danneggiati dai raggi X. Sono anche riusciti a catturare modelli di informazione di un DNA specifico e lo hanno trasmesso ad un altro, riprogrammando così le cellule su un altro genoma. In quel modo, hanno trasformato con successo, per esempio, embrioni di rana in embrioni di salamandra, semplicemente trasmettendo i modelli di informazione del DNA!
In quel modo, l'informazione completa è stata trasmessa senza nessuna delle disarmonie o effetti collaterali che si manifestano quando si fa l'ablazione e si reintroducono geni individuali del DNA! Questo rappresenta una rivoluzione e sensazione incredibili, che trasformerà il mondo! Tutto ciò applicando semplicemente la vibrazione e il linguaggio al posto dell'arcaico
processo d'ablazione! Questo esperimento punta all'immenso potere della genetica delle onde, che ovviamente ha più influenza, sulla formazione degli organismi, che i processi biochimici delle sequenze alcaline.

I maestri esoterici e spirituali sanno da millenni che il nostro corpo si può programmare con il linguaggio, le parole e il pensiero. Ora questo è stato provato e spiegato scientificamente.
Certamente la frequenza deve essere quella corretta e a questo si deve il fatto che non tutti hanno lo stesso risultato o possano farlo sempre con la stessa forza. La persona deve
lavorare con i processi interni e la maturità per poter stabilire una comunicazione cosciente con il DNA. I ricercatori russi lavorano con un metodo che non dipende da questi fattori, però funziona SEMPRE, sempre e quando venga usata la giusta frequenza.
Però, quanto più è sviluppata la coscienza individuale, meno c'è la necessità di qualsiasi tipo di
dispositivo! Si possono ottenere quei risultati da se stessi e la scienza finalmente smetterà di ridere di tali idee e potrà spiegarne e confermarne i risultati. E non finisce qui. Gli scienziati russi hanno anche scoperto che il nostro DNA può causare modelli di perturbazione nel vuoto, producendo così "cunicoli" magnetizzati!

I "piccoli buchi" sono gli equivalenti microscopici di quelli chiamati ponti Einstein-Rosen nella vicinanza dei buchi neri (lasciati da stelle consumate).
Questi sono dei tunnel di connessione, fra aree completamente differenti dell'universo, attraverso i quali si può trasmettere l'informazione fuori dallo spazio e dal tempo. Il DNA attira quei frammenti di informazione e li passa alla nostra coscienza.

Questo processo di ipercomunicazione è più efficace in stato di rilassamento. Lo stress, le preoccupazioni e
l'intelletto iperattivo impediscono il successo dell'ipercomunicazione o ne distorcono completamente l'informazione rendendola inutile. In Natura, l'ipercomunicazione è stata applicata con successo da milioni di anni. Il flusso di vita strutturato in "organizzazioni stato" di insetti lo prova drammaticamente. L'uomo moderno lo conosce solo ad un livello molto più
sottile come "intuizione". Però anche noi possiamo recuperarne a pieno l’uso. Un esempio in Natura. Quando un formica regina è lontana dalla sua colonia, la costruzione continua con fervore e in accordo con la pianificazione.

Tuttavia, se si uccide la regina, nella colonia tutto il lavoro si ferma.
Nessuna formica sa cosa fare. Apparentemente, la regina invia i "piani di costruzione" anche da molto lontano per mezzo della coscienza gruppale dei suoi sudditi. Può stare lontana quanto vuole, fintanto che sia viva.

Nell'uomo l'ipercomunicazione si attiva quando uno improvvisamente riesce ad avere accesso ad un'informazione che è fuori dalla propria base di conoscenze.
A quel punto questa ipercomunicazione viene sperimentata e catalogata come un'ispirazione o intuizione. Il compositore italiano Giuseppe Tartini, per esempio, una notte sognò che il diavolo si sedeva vicino al suo letto suonando il violino. La mattina seguente, Tartini potè trascrivere il brano a memoria con esattezza e lo chiamò la Sonata del Trillo del Diavolo.
Per anni, un infermiere di 42 anni sognò una situazione nella quale era connesso ad una specie di CD-ROM di conoscenza. Gli veniva trasmessa conoscenza verificabile da tutti i campi immaginabili e alla mattina poteva ricordare. Era tale la valanga di informazioni che sembrava che di notte gli trasmettessero tutta una enciclopedia. La maggior parte delle informazioni
era fuori dalla sua base di conoscenze personali e arrivava a dettagli tecnici di cui lui non sapeva assolutamente niente.

Quando avviene l'ipercomunicazione, si possono osservare fenomeni speciali nel DNA, così come nell'essere umano. Gli scienziati russi hanno irradiato campioni di DNA con luce laser. Nello schermo si è formato un modello di onde tipico. Quando hanno ritirato il campione di DNA, i modelli di onda non sono scomparsi, sono rimasti. Molti esperimenti di controllo hanno
dimostrato che il modello proveniva ancora dal campione rimosso, il cui campo energetico apparentemente è rimasto di per se stesso. Questo effetto ora si denomina effetto del DNA fantasma.
Si presume che l'energia dello spazio esteriore e del tempo, dopo aver ritirato il DNA, fluisca ancora attraverso i "cunicoli". La maggior parte delle volte gli effetti secondari che si incontrano nell'ipercomunicazione, anche degli esseri umani, sono campi elettromagnetici inspiegabili nelle vicinanze della persona implicata. In presenza dei quali i dispositivi elettronici, come attrezzature per CD e altri simili, possono essere alterati e smettere di funzionare per ore. Quando il campo elettromagnetico si dissolve lentamente, le attrezzature funzionano ancora normalmente. Molti curatori e psichici conoscono questo effetto dovuto al loro lavoro. Più si migliorano l'atmosfera e l'energia dell'ambiente più frustante è che in quel preciso istante l'attrezzatura di registrazione smette di funzionare e di registrare. Il riaccendere e spegnere dopo la sessione non ne ristabilisce ancora la funzionalità totale che però il giorno dopo ritorna alla normalità. Chissà forse leggere ciò risulta tranquillizzante per molti, in quanto non ha niente a che vedere con l’essere tecnicamente incapaci, ma significa semplicemente che sono abili per l’ipercomunicazione.

Gli scienziati russi hanno irradiato diversi campioni di DNA con dei raggi laser e su uno schermo si è formata una tipica trama di onde che, una volta rimosso il campione, rimaneva sullo schermo. Allo stesso modo si suppone che l'energia al di fuori dello spazio e del tempo continua a passare attraverso gli tunnel spaziali attivati anche dopo la rimozione del DNA. Gli effetti collaterali più frequenti nell'ipercomunicazione sono dei campi magnetici vicini alle persone coinvolte. Gli apparecchi elettronici possono subire delle interferenze e smettere di funzionare per ore. Quando il campo elettromagnetico si dissolve, l'apparecchio ricomincia a funzionare normalmente. Molti operatori spirituali conoscono bene questo effetto.

Grazyna Gosar and Franz Bludorf nel loro libro Vernetzte Intelligenz spiegano queste connessioni in modo chiaro e preciso. Gli autori riportano anche alcune fonti secondo le quali gli uomini sarebbero stati come gli animali, collegati alla coscienza di gruppo, e quindi avrebbero agito come gruppo. Per sviluppare e vivere la propria individualità, tuttavia, avrebbero abbandonato e dimenticato quasi completamente l'ipercomunicazione.
Ora che la nostra coscienza individuale è abbastanza stabile, possiamo creare una nuova forma di coscienza di gruppo. Così come usiamo Internet, il nostro DNA è in grado di immettere dati nella rete, scaricare informazioni e stabilire un contatto con altre persone connesse. In questo modo si possono spiegare i fenomeni quali telepatia o guarigioni a distanza.

Senza un'individualità distinta la coscienza collettiva non può essere usata per un periodo prolungato, altrimenti si ritornerebbe a uno stato primitivo di istinti primordiali.
L'ipercomunicazione nel nuovo millennio significa una cosa ben diversa.
I ricercatori pensano che, se gli uomini con piena individualità formassero una coscienza collettiva, avrebbero la capacità di creare, cambiare e plasmare le cose sulla terra, come fossero Dio! E l'umanità si sta avvicinando a questo nuovo tipo di coscienza collettiva.
Il tempo atmosferico è piuttosto difficile da influenzare da un solo individuo, ma l'impresa potrebbe riuscire dalla coscienza di gruppo (niente di nuovo per alcune tribù indigene). Il tempo viene fortemente influenzato dalla frequenza risonante della terra (frequenza di Schumann). Ma queste stesse frequenze vengono prodotte anche nel nostro cervello, e quando molte persone si sincronizzano su di esse, o quando alcuni individui (p. e. maestri spirituali) concentrano i loro pensieri come un laser, non sorprende affatto che possano influenzare il tempo. Una civiltà moderna che sviluppa questo tipo di coscienza non avrebbe più problemi né d'inquinamento ambientale, né di risorse energetiche; usando il potere della coscienza collettiva potrebbe controllare automaticamente e in modo naturale l'energia del pianeta.

Se un numero abbastanza elevato di individui si unisse con uno scopo più elevato, come la meditazione per la pace, si dissolverebbe anche la violenza.
Il DNA sembra essere anche un superconduttore organico in grado di lavorare a una temperatura corporea normale. I conduttori artificiali invece richiedono per il loro funzionamento delle temperature estremamente basse (tra -200 e -140°C ). Inoltre, tutti i superconduttori possono immagazzinare luce, quindi informazioni. Anche questo dimostra che il DNA sia è grado di farlo.
Vi è un altro fenomeno legato al DNA e ai tunnel spaziali. Normalmente questi minuscoli tunnel sono altamente instabili e durano soltanto una frazione di secondo. In certe condizioni però si possono creare dei tunnel stabili in grado di formare delle sfere luminose. In alcune regioni della Russia queste sfere appaiono molto spesso. In queste regioni le sfere a volte s'innalzano dalla terra verso il cielo, e i ricercatori hanno scoperto che possono essere guidati dal pensiero.
Le sfere emettono onde a bassa frequenza che vengono anche prodotte dal nostro cervello, quindi sono in grado di reagire ai nostri pensieri. Queste sfere di luce hanno una carica energetica molto elevata e sono in grado di causare delle mutazioni genetiche. Anche molti operatori spirituali producono queste sfere o colonne di luce, quando si trovano in uno stato di profonda meditazione o durante un lavoro energetico. In alcuni progetti per la guarigione della terra queste sfere vengono catturate anche nelle foto. In passato di fronte a questi fenomeni luminosi si credeva che apparissero degli angeli.

In ogni caso, pur mancando le prove scientifiche, ora sappiamo che persone con queste esperienze non soffrivano affatto di allucinazioni. Abbiamo fatto un grande passo in avanti nella comprensione della nostra realtà.
Anche la scienza "ufficiale" conosce le anomalie della terra che contribuiscono alla formazione dei fenomeni luminosi. Queste anomalie sono state trovate di recente anche a Rocca di Papa, a sud di Roma.

L'articolo intero (in inglese) si può trovare sulla pagina www.fosar-bludorf.com (Kontext - Forum for Border Science). Su questa pagina è anche possibile contattare gli autori.


Tratto da
http://www.disinformazione.it/parolaedna.htm

mercoledì 15 dicembre 2010

Crudo e cotto

di Loreto Bettanin

Il crudismo è un modo di vita e non ha nulla a che vedere con la new-age e similari, in quanto la storia del crudismo è lunga, ricca di sperimentazione e dati scientifici, ma soprattutto si basa sul vissuto umano; dal punto di vista genetico, la nostra biochimica e fisiologia si sono evolute da una dieta di cibi crudi: tutti i processi di digestione e assorbimento si sono evoluti quando l’uomo primitivo si nutriva di cibi crudi, dalla carne, pesce ai vegetali.

L’uomo primitivo sebbene potesse controllare il fuoco, non cucinava gli alimenti (prof. Jordon ), e tutt’ora le popolazioni indigene sulla terra consumano alimenti crudi e per minima parte cotti. Per cercare di comprendere perchè l’uomo ad un certo punto della sua evoluzione sia passato dall’alimentazione crudista alla cottura del cibo, bisognerebbe prendere in considerazione parecchi punti di vista. Uno di questi potrebbe essere la visione anatomo-storico-evolutiva, uno potrebbe far riferimento agli studi paleoantropologici (i forti sconvolgimenti metereologici e geologici, es. le glaciazioni del pleistocene indussero l’uomo a cucinare il cibo per crearsi riserve), altri alla paleobotanica ecc., e tutti questi ci aiuterebbero a capire come l’uomo è arrivato alle “ragioni delle tradizioni”.

Tutto ciò richiederebbe una trattazione lunga e complessa e quindi mi soffermerò solo sugli aspetti più evidenti del tema crudismo. Ricordo solamente che in seguito agli sconvolgimenti climatici avvenuti tra 200000 e 120000 anni fa l’uomo ha subito l’adattamento alimentare, in quanto non avendo le caratteristiche anatomofisiologiche del granivoro, nè tantomeno carnivoro ha dovuto ricorrere alla cottura per rendere commestibile il cereale e la carne, in seguito estesa ad altri tipi di alimento. Questa deviazione non è stata dettata da una scelta, ma da uno stato di pura necessità che non offriva alternative.

Oggi, non è più la necessità di procacciarsi il cibo, ma le errate abitudini, i pregiudizi dietetici e soprattutto la schiacciante pressione dell’industria alimentare, con i suoi condizionamenti pubblicitari, che portano l’uomo (non più guidato dall’istinto) sempre più lontano dalla strada della corretta alimentazione crudista.
E’ innegabile che cuocere gli alimenti ha permesso all’essere umano di utilizzare cibi che possono essere difficilmente digeribili, oltre all’inattivazione di microrganismi dannosi. I cereali , ad esempio, contengono amidi (carboidrati complessi) che a seguito della parziale demolizione della catena carboidratica, grazie alla temperatura elevata, divengono più velocemente assimilabili, crudi invece richiederebbero un maggior tempo digestivo; il crudista però può ricorrere alla germinazione o alla destrinizzazione in acqua, come dimostrato da Kellog, Langworth e Devel. Possiamo ricordare, inoltre, che della cottura neutralizza l’antitripsina e l’avidina dell’albume dell’uovo; per il resto la cottura è più legata a motivazioni psicologiche, ai profumi, al gusto, alla preparazione del cibo, all’estetica.

Gli alimenti cotti si prestano di più a manipolazioni e all’aggiunta di condimenti ricchi o speziati perchè, nel corso della cottura, hanno perso il loro sapore iniziale e sono divenuti insipidi, ma ciò va al di là delle giuste necessità nutrizionali e appartiene al campo di quelle distorsioni del gusto che la civilizzazione ha forzato.

Certo è che la cottura distrugge gran parte delle sostanze enzimatiche (oltre 800), che concorrono ad una buona digestione e ad una corretta assimilazione dei nutrienti; questo accade perché dopo i 50°C gli enzimi (strutture proteiche), che catalizzano le reazioni biochimiche della digestione, vengono distrutti e non possono dunque più aiutare l’organismo nella digestione. Il Dott. Edward Hovell (che molto probabilmente è l’autorità sugli enzimi più competente a livello mondiale) afferma che ogni persona alla nascita ha una dotazione limitata di enzimi; consumando rapidamente la nostra riserva di enzimi, accorciamo la durata della nostra vita, indeboliamo il nostro sistema immunitario e il corpo si ammala facilmente. Il Dott.Howell aggiunge: “L’abitudine di cuocere il cibo e di lavorarlo con additivi chimici, l’uso di alcool, droghe e farmaci e junk food ( cibo di nessun reale o poco valore nutritivo, come patatine, merendine ecc.) consumano una gran quantità di enzimi dalla nostra riserva limitata. Gli enzimi del cibo forniscono molti degli enzimi digestivi che il corpo dovrebbe prelevare dalla sua riserva limitata se si mangiano cibi cotti. Quando si è vissuto per molti anni con cibi cotti, è facile che la riserva di enzimi si sia esaurita. Se ciò avviene il sistema digestivo userà gli enzimi metabolici per assistere la digestione.

Una carenza di enzimi metabolici, che il corpo usa per funzionare, causerà serie malfunzioni di organi, ghiandole, nervi ecc. Quando la carenza di enzimi metabolici diventa grande, il corpo inizia a deteriorarsi. Scaldare cibi oltre i 46°- 49° distrugge tutti gli enzimi (e le vitamine) e forza il corpo a esaurire le sue riserve di enzimi. Questo causa una dilatazione degli organi digestivi, specialmente del pancreas. Cibi e bevande bollenti nuociono agli enzimi nello stomaco. Gli enzimi sono gli ingredienti attivi che curano la malattia, sono il nucleo centrale del sistema immunitario e sono necessari per mantenersi in salute. E’ l’attività enzimatica che fa funzionare il cervello e rende agevole il lavoro meccanico della memoria: è ciò che mantiene in vita il nostro corpo.
Cuocere il cibo porta alla distruzione in alta percentuale delle vitamine contenute nei cibi: ad esempio le vit. A,C,B1, D in quanto termolabili vengono eliminate (vit.C destrutturata a 60°C, gli enzimi già a 50°C); i sali minerali precipitano e divengono meno utilizzabili. E’ innegabile lo svantaggio dovuto a tali modificazioni chimico-fisiche, le quali limitano notevolmente il potere nutritivo dei cibi.
Gli alimenti freschi e crudi posseggono un quantitativo di vitalie, quali enzimi, auxoni, fattori del saprofitismo eubiotico ( definizione del prof. Pecchiai), oligoelementi, vitamine e altro, utilissimi ai processi biologici umani, non ultimi i meccanismi di riparazione e difesa dell’organismo indispensabili a contenere lo squilibrio organico e la conseguente malattia. L’organismo riconosce, anche dopo millenni di deviazioni alimentari, gli alimenti vivi (che consentono di mantenere integro il patrimonio di vitalità) da quelli morti. Vedremo successivamente, in modo più approfondito, come la cottura altera i vari nutrienti, rendendo i cibi morti.

Ora invece, per rendersi conto di quanto la cottura possa essere un disagio per l’organismo basta ricordare gli studi venticinquennali di scienziati, quali il dott. Kuschakoff e collaboratori di Losanna, in merito alla “leucocitosi digestiva”, su migliaia di persone e su sè stessi. La leucocitosi postprandiale è quel fenomeno che si evidenzia con un abnorme aumento di leucociti nel plasma (da 5-6 mila per mm3 a 18-20-30mila) dopo un pasto a base di alimenti cotti. Tutto ciò si verifica nell’arco di 30-40 minuti per rientrare dopo circa 2-3 ore. Siccome la funzione principale dei globuli bianchi è la difesa da organismi estranei e patogeni, il verificarsi della leucocitosi digestiva ci aiuta a capire come i cibi cotti siano avvertiti dall’organismo come agenti estranei, simil-tossici, contro i quali l’organismo attiva i consueti meccanismi di difesa. Tale fenomeno assume le caratteristiche simil-leucemiche transitorie e siccome l’abituale nostra alimentazione è prevalentemente cotta, se non stracotta, e si ripete minimo tre volte al giorno, è legittimo ipotizzare che nel tempo ci siano delle conseguenze e alterazioni, come rilevato da Kuschakoff. Il nostro organismo considera innaturale e pericolosa ogni materia vivente sottoposta a radicale trasformazione molecolare, anche quella che avviene con la cottura, in quanto le sostanze cotte subiscono trasformazioni chimiche irreversibili.

Interessante è notare che tutta questa manifestazione leucocitica non si manifesta quando si assumono cibi crudi, in particolare vegetali freschi, e se assunti prima del pasto cotto riescono a limitare la leucocitosi digestiva (proviamo a rifletterci un pò!). Anche il medico italiano Lusignani, dell’Università di Parma, si era occupato dei meccanismi fisiologici che innescano o sospendono la leucocitosi digestiva, dimostrando che queste variazioni leucocitarie sono dovute a meccanismi nervosi centrali e periferici che, regolando il calibro vasale, determinano, attraverso vasocostrizione o vasodilatazione, l’aumento o la diminuizione dei leucociti.

Il nostro organismo reagisce con un rilassamento delle pareti vasali ( e una conseguente diminuzione di globuli bianchi o leucopenia) all’introduzione di cibo crudo, non considerato dannoso dall’intelligenza dell’organismo.
L’uomo, quindi, sebbene faccia cuocere i propri cibi da alcune decine di migliaia di anni (ma per milioni di anni è stato crudista) non ha sviluppato alcun adattamento anatomofisiologico al cibo cotto; infatti gli alimenti cotti continuano ad essere rifiutati dall’organismo mediante l’azione di rigetto della leucocitosi postprandiale. L’uomo è l’unico animale che sottoponga a cottura i propri cibi, depauperando così il suo capitale energetico (la leucocitosi richiede un elevato dispendio di vitalità) e obbligando il corpo ad un doppio sforzo per trasformare in materia vivente ciò che lui stesso ha distrutto attraverso l’elevata temperatura.

Contravvenendo agli istinti alimentari biologicamente connaturati, l’uomo ha dato così inizio a stati di degradazione e degenerazione fisica e psichica, i cui effetti sono, oggi più che mai, evidenti.
Anche le ricerche condotte da ricercatori quali Pottener, Mac Carrison, Stinner, su vari gruppi di animali (ratti, cani, gatti, scimmie) nutriti da alcuni mesi ad un anno, solo con cibi crudi o solo con cibi cotti, hanno evidenziato che quelli alimentati con cibo cotto mostravano chiari segni di decadimento fisico progressivo con molte manifestazioni patologiche (gengiviti, anemie, carie, tumefazioni tumorali, ulcere, alterazioni cardiache, polmonari e renali). L’evidenza peggiore è che tali degenerazioni si sono tramandate anche alle generazioni successive. Tutto ciò non si è manifestato con gli animali nutriti con crudità. Il ritorno da parte delle cavie malate ad una alimentazione crudivora ha evidenziato anche una progressiva diminuizione dei disturbi manifestati, ma sono occorse quattro generazioni perchè gli animali riacquistassero la salute originaria.
Qualcuno potrebbe obiettare che gli animali hanno un biochimismo diverso dagli essere umani, ma i dati invitano la “ragione” ad usare prudenza nell’abbondare con i cibi cotti. Se poi ricordiamo che un pasto cotto richiede una più lunga e laboriosa digestione, mentre i cibi crudi transitano velocemente lungo l’apparato gastrenterico, allora ancora una volta la “ragione” ci invita a consumare sempre prima i cibi crudi in modo da evitare dannose e inutili fermentazioni anomale e putrefazioni, dovute al lungo sostare degli alimenti cotti nei primi tratti digestivi.
Non andrebbe sottovalutato e trascurato nemmeno il vantaggio che gli alimenti crudi hanno in merito alla loro consistenza: i cibi cotti in genere sono molli, pastosi e non richiedono grande impegno masticatorio e ritardano i processi digestivi, perchè più difficilmente scissi dalle secrezioni gastroenteriche, pertanto sfavoriscono gli organi masticatori; il crudo invece, più duro, ha una sua azione massaggiatrice a livello gengivale, molto utile a prevenire carie e parodontopatie.

Vediamo ora come la cottura comporta una privazione di valori nutritivi degli alimenti e anziché facilitare la digestione, come comunemente si crede, la rende ulteriormente difficoltosa. I cibi cotti risultano impropri al nostro sistema digestivo in quanto denaturati, demineralizzati e devitaminizzati.
Le vitamine solubili si disperdono nell’acqua di cottura, come vanno perse in altri modi essendo sostanze estremamente delicate; i cibi cotti, e magari conservati per parecchie ore, perdono nella quasi totalità le vitamine rimanenti. Le conserve che sono cotte e conservate a lungo subiscono la stessa privazione. La cottura in pentola a pressione, così pure le cotture prolungate determinano la distruzione rapida delle vitamine. Anche il tempo di attesa tra cottura e consumo del pasto è fondamentale per l’ulteriore perdita di vitamine: se cuociamo è bene farlo rapidamente e consumare il pasto subito. Il latte bollito, pastorizzato o peggio condensato perde le qualità antiscorbutiche e anche la vitamina B1 viene distrutta: ad es. le scimmie se nutrite, durante la crescita, con latte condensato si ammalano di scorbuto (pur avendo il latte fresco poco ac. ascorbico).


I vegetali verdi, ricchi di attività antiscorbutica, perdono la loro efficacia quando sono sottoposte a cottura per distruzione della vitamina C, come dimostrato da Hess ed Hunger,. Il cavolo riscaldato perde in parte la vitamina C e se la cottura si prolunga per un’ora la perde del tutto. La clorofilla, linfa vitale delle piante verdi, subisce la degradazione a feofitina (un atomo di idrogeno al posto dell’atomo di magnesio), di colore bruniccio, assolutamente inutilizzabile dall’organismo.



La capacità di germinazione da parte di legumi e altri semi è perduta dopo cottura e con essa la vitalità latente nel seme; quelli cotti hanno le stesse proprietà chimiche di quelli in grado di germinare, ma i primi sono semi morti, i secondi sono vivi. Le vitamine morte, destrutturate non possono garantire all’organismo uno stato di salute. Esperimenti condotti dai medici francesi, Weill e Mouriquand, bene evidenziano i danni da cottura; gruppi di piccioni sono stati nutriti in questo modo: un gruppo con mais completo per 240 giorni, un altro con grano integrale, uno con avena integrale, uno con riso integrale e l’ultimo con orzo integrale. Tutti questi volatili si sono mantenuti in un buono stato di salute e hanno manifestato grande attività. Successivamente tutti i chicchi integrali sono stati sottoposti a temperature di 120° C: la conseguenza è stata la morte per paralisi dei piccioni dopo 90 giorni. Con un gruppo si è provata la nutrizione con mais crudo ma macinato e privato della crusca: dopo trenta giorni si sono manifestati sintomi di debolezza seguiti da paralisi e morte prematura.

Quindi, oltre alla cottura, anche la raffinazione del cereale determina perdita di fermenti e vitamine contenute nello strato periferico del chicco. Il dott. Mc Carrison ha sperimentato sulle scimmie diete con cibi cotti, evidenziando perdita dell’appetito, diarrea, dissenteria, anemia, perdita di peso, pelle secca, atrofizzazione di organi e scarsissima resistenza alle infezioni. Il prof. Ladd ha studiato l’influenza del cibo cotto sul grado di digeribilità: maiali nutriti a volte con cibi cotti, a volte con cibi crudi, hanno manifestato minore digeribilità in presenza dell’alimento cotto; interessante poi sottolineare come per aumentare un chilo di peso è necessaria una maggiore dose di cibo cotto, mentre ne occorre di meno qualora sia crudo: ciò è dovuto al maggiore valore nutritivo dell’alimento crudo.

Vediamo più in dettaglio come il metodo di cottura influisce negativamente sui nutrienti:
• La cottura fa coagulare i protidi della carne, delle uova, del latte, diminuendo in tal modo il loro valore alimentare e li rende meno digeribili, eccezion fatta per l’albume scaldato leggermente. Il decadimento del valore biologico delle proteine è dovuto alla distruzione parziale (e a volte totale) degli aminoacidi considerati essenziali. La bollitura, in particolare, idrolizza i composti proteici determinandone la dispersione nel mezzo liquido. Se la cottura avviene mediante arrostimento o tostatura, le proteine si denaturano, producendo sostanze tossiche da piroscissione, alcune delle quali notoriamente cancerogene (benzopirene, terilene, benzoantracene ecc.). Cuocere non significa quindi rendere più digeribile l’alimento, perché i composti proteici flocculano già a 60°C e finiscono per coagulare del tutto a temperatura maggiori, risultando inattaccabili dai succhi gastrici. Le proteine delle carni cotte, quindi, sono più povere quanto più lunga e forte è la cottura. Alla luce di ciò la carne si digerisce meglio cruda, i protidi del latte crudo si elaborano più facilmente che non quelli del latte bollito. “Le esperienze di Francis, di Trowbridge e di Stanley hanno dimostrato che nella cottura della carne i fosfati organici diventano inorganici” (R. Berg) e sappiamo che l’organismo non è in grado di assimilare i sali inorganici, solo i vegetali sono in grado di farlo.

• La cottura altera i grassi di qualsiasi tipo che, oltre a diventare meno digeribili, liberano degli acidi grassi non assimilabili e sovente tossici. Ad una ossidazione primaria, mantenendo i grassi all’azione del calore, ne segue una secondaria con formazione di acidi grassi a catena corta, cui sono dovuti aroma ed odore sgradevoli caratteristici e formazione di composti volatili; inoltre per la decomposizione di alcune molecole di glicerolo, si forma acroleina, molto tossica a livello epatico e per tutto il corpo. Tale sostanza inibisce l’azione enzimatica preposta alla digestione delle sostanze grasse, ed è accompagnata dalla liberazione di composti volatili irritanti. Gli acidi linolenico e linoleico, importanti acidi grassi insaturi, si trasformano sotto l’azione dell’innalzamento della temperatura nei loro isomeri, che risultano privi di valore biologico.
• La cottura priva i cibi dei sali minerali solubili. La carne ad esempio perde dal 30 al 70% di sali rendendola ancora più acidificante (sappiamo quanto importante sia l’equilibrio acido-alcalino nell’organismo umano); le stesse patate, immerse semplicemente nell’acqua tiepida, perdono il 38% dei sali minerali e così pure le verdure bollite perdono la quasi totalità dei sali. Secondo le esperienze del prof. Snyder i cavoli, gli spinaci, le carote perdono dal 20al 40% nel corso di una normale cottura (il cavolo perde il 62% di protidi, il 72% di calcio, 60% di fosforo e il 67% di ferro). Tutto ciò ci fa capire perché l’alimento cotto risulta insipido, e quindi necessita di sale e condimenti per renderlo maggiormente appetibile.

Chi è abituato a mangiare prevalentemente cotto non è in grado di gustare i cibi crudi e quindi è necessario rieducare il senso del gusto. I sali minerali nella cottura si trasformano da organici a inorganici e dunque inutilizzabili; cuocere significa anche ossidare e disorganizzare le sostanze ossidabili e il cibo ossidato (ceneri) non è utilizzabile e l’organismo cerca, in tutti i modi, di eliminarlo. Solo i vegetali sono in grado di trasformare gli elementi inorganici in organici e quindi assimilabili dall’organismo umano, e se così non fosse l’uomo avrebbe tratto questi elementi, adatti al proprio nutrimento, direttamente dalla terra. Invece mangiamo i vegetali per poter assimilare e utilizzare questi elementi in forma organica, ma l’ossidazione conseguente alla cottura li rende nuovamente inorganici. Le sostanze ossidate (inorganiche) non posseggono vita: ecco il substrato di ogni insegnamento scientifico trofico corretto. Se facciamo riferimento al latte, si è scoperto che i composti di calcio, di magnesio, i carbonati e i fosfati si scompongono in forme insolubili quando il latte viene bollito e pertanto diminuisce il suo valore biologico-alimentare.

• I glucidi cotti risultano meno digeribili e più facili alla fermentazione: divengono meno digeribili in quanto si saturano di acqua, e questo va ad ostacolare la digestione salivare. Si è evidenziato che la cottura in realtà trasforma ben pochi amidi in destrine, mentre questo lavoro è piuttosto compito della ptialina salivare. Possiamo forse affermare che, come riportato da Milo Hastings, il nostro sistema digestivo è stato influenzato da secoli di cibi cotti per cui ha perso o limitato la capacità di digerire i glucidi crudi; gli indigeni del Kiwai ad esempio mangiano il riso crudo e anche gli scozzesi, dai tempi antichi, consumano avena semplicemente macerata in acqua o scottata in acqua bollente.
• La cottura libera sotto forma di gas alcuni elementi: ortaggi, come cavoli, cavolfiori e cipolle, ricchi di zolfo lo perdono con l’ossidazione, così pure il fosforo e il ferro che diventano inutilizzabili. Già a basse temperature si assiste all’ossidazione di iodio e manganese. Lo zolfo contenuto nelle uova si altera producendo gas malsani e maleodoranti nell’intestino e pertanto è meglio cuocerle poco.
• La cottura aumenta la digeribilità: il cavolo crudo è digerito in 2 ore anziché in 4 ore come quello bollito, l’uovo con tuorlo crudo e albume appena rappreso si digerisce in 45 minuti, quello sodo in 3 ore e la frittata in più di tre ore, le carni poco cotte lasciano lo stomaco in 2-3 ore mentre molto cotta in 4-5 ore.

È indispensabile consumare il maggior quantitativo di alimenti crudi e siccome alcuni cibi vanno, o li vogliamo, cotti è necessario adottare la cottura più favorevole alla salvaguardia dei principi nutritivi (ad esempio la cottura rapida ad alta temperatura danneggia meno i cibi rispetto una cottura lenta a bassa temperatura), ma soprattutto fare in modo che i cibi cotti costituiscano la minima parte del pasto, o al massimo siano presenti in un solo pasto quotidiano. Chi gode di eccellente salute può mangiare crudità vegetali in abbondanza ma se il potere digestivo è difettoso, come ad esempio nelle persone eccessivamente magre e nervose con intestino fragile, se ne mangeranno in minime quantità e mano a mano che la salute migliora si aumenterà la quantità in rapporto alla capacità digestiva. Quando c’è poco potere digestivo (e la cottura dei cibi indebolisce, col trascorrere del tempo, tale potere) e una flora batterica intestinale fortemente alterata, difficilmente la cellulosa viene elaborata e la conseguenza può essere irritazione, che si ripercuote sul sistema nervoso, sul sistema muscolare (stitichezza, gas) e sulla mucosa intestinale (colite). In questi casi è utile, in piccole quantità (mezzo bicchiere), il succo di carota preso con costanza; si possono prendere anche altre crudità in forma di succo e contemporaneamente riabituarsi con gradualità al consumo di crudità al naturale, in quantità consona a ciascun individuo. Gli organi digestivi se restano inattivi si indeboliscono e i cibi cotti agevolano questo processo di degradazione, rallentandone le funzioni egli organi digestivi quindi si atrofizzano. Pertanto non è mangiando cibi cotti che si fortifica una digestione debole, come non si può irrobustire un muscolo debole se ci si rifiuta di usarlo: quando gli organi della digestione sono indeboliti, stanchi, bisogna dar loro riposo, non sovraffaticarli e riabituarli con gradualità all’utilizzo delle crudità.



In conclusione possiamo dire che il crudismo è salute, vita e anche terapia: questa ultima asserzione per molti è difficile da digerire, è contestata, suscita timore, rifiuto, derisione, incredulità, e persino ira. Ma molte sono le persone che vivono in perfetta salute cibandosi solo di frutta e verdura cruda, altrettante quelle che hanno recuperato la propria salute grazie al crudismo.

Fonte: http://www.scuolanaturopatia.org/articoli.php?id=27&page=1

domenica 12 dicembre 2010

Il cancro è causato dall’uomo


di Massimo Mazzucco

Diverse testate hanno riportato ieri la notizia di una ricerca scientifica, condotta dai professori Zimmermann e David dell’Università di Manchester, secondo la quale non si trovano tracce di cancro, nella storia dell’umanità, prima dell’era industriale.

Fatta eccezione per alcuni rarissimi casi, un approfondito esame di tutti i dati storici disponibili, sommati ai reperti fossili – umani ed animali – avrebbe rivelato l’assenza praticamente assoluta del cancro sul nostro pianeta fino agli ultimi 200 anni.

Una analisi sistematica delle centinaia di fossili risalenti al periodo del Neanderthal, ad esempio, avrebbe rivelato un solo caso di possibile cancro.

Zimmermann e David hanno voluto estendere l’esperimento fino alle mummie egizie, ed hanno messo a punto un metodo di re-idratazione ed analisi dei tessuti che avrebbe dovuto rivelare eventuali casi di tumore. Trattandosi di una civiltà nella quale la chirurgia non esisteva - sostengono i due ricercatori - i tumori avrebbero dovuto essere conservati almeno quanto il resto dei tessuti, se non meglio. Ebbene, pare che una sola mummia, su centinaia di casi analizzati, abbia mostrato i segni residui di un potenziale tumore.

In realtà, la cosa non stupisce più di tanto: visto che agli inizi del ‘900 ...


... si ammalava di cancro una persona su 20, negli anni ’70 una persona su 10, ed oggi una persona su 3, non ci vuole molto a proiettare la curva all’indietro, per capire che più ci si allontana nel tempo più il cancro scompare dalla vita dell’uomo.

A sua volta, soltanto i più recalcitranti riescono a non attribuire questa spaventosa impennata nella diffusione del cancro alla cosiddetta “civiltà moderna”, ovvero agli effetti combinati di stress, di inquinamento (prima atmosferico, ora anche elettronico) e di una alimentazione sempre più lontana dai processi naturali su cui dovrebbe basarsi.

Ma la ricerca scientifica di Zimmerman e David pone per la prima volta l’oncologia mondiale di fronte al paradosso che essa stessa ha creato: se è vero che il cancro prima dell’era industriale non esisteva, vuol dire che la sua origine non può essere di tipo genetico. Se ne andrebbero quindi al diavolo tutte le famose teorie di “tipo molecolare” che tengono oggi in piedi un baraccone della ricerca sul cancro da svariati miliardi di dollari, mentre acquistano ancora più credibilità tutte le teorie, come ad esempio la Terapia Gerson, che basano il benessere e la salute dell’individuo principalmente su una dieta sana e naturale.

Per chi ha già capito certe cose, non c’è realmente nulla di nuovo sotto il sole. Per chi ancora non le ha capite – o comunque si rifiuta di accettarle – si tratta solamente di un grattacapo in più. Un’altro studio scientifico da “debunkare”, oppure semplicemente da ignorare.

Quanto ci vorrà, a furia di “grattare”, prima che l’intero palazzo venga giù?


Fonte: http://www.luogocomune.net/site/modules/news/article.php?storyid=3653

mercoledì 1 dicembre 2010

Sani fino a 100 anni - le popolazioni più longeve del pianeta

di Nadia e Giacomo Bo

La longevità è sempre stato un tema di grande interesse. Soprattutto oggi l’uomo è affascinato dall’idea di vivere a lungo, o forse ancora di più, di vivere in eterno.
Grazie ai progressi compiuti dalla medicina e dalla scienza in generale, oggi l’uomo ha più possibilità di vivere a lungo e di avvicinarsi alla fatidica soglia dei 100 anni.
Tutta l’attenzione è però concentrata sulla durata della vita e su come aumentarla, piuttosto che sulla qualità della stessa. Se da un lato oggi la possibilità che un giovane di 20 anni abbia una nonna ancora vivente sono maggiori di quelle che lo stesso giovane del 1900 avesse ancora la madre vivente, dall’altro lato le persone sono sempre più malate e la vecchiaia è ormai sinonimo di malattia.
Un secolo fa un adulto medio nel mondo occidentale trascorreva solo l’1% della propria vita in uno stato di malattia o malessere, mentre oggi la media è salita a oltre il 10%.
In tutto il mondo industrializzato la gente vive più a lungo, ma si ammala prima e il numero degli anni trascorsi da malati cronici sta aumentando.

Sembrerebbe quindi che più che aver allungato la vita, abbiamo prolungato la morte. In altre parole, abbiamo ampliato la durata della vita ma non quella della salute. La medicina moderna è ben attrezzata per prolungare la vita ma molto meno per favorire un invecchiamento in buona salute.
Esistono invece prove e ricerche che stanno dimostrando che abbiamo gli strumenti per vivere più a lungo rimanendo in salute fino alla fine.
Agli inizi degli anni ’70, la rivista National Geographic chiese al medico di fama mondiale Alexander Loaf di visitare e studiare le popolazioni più sane e longeve del mondo.
Egli identificò tre popolazioni particolarmente longeve nel mondo: gli abitanti della valle di Vilcabamba nell’Equador, quelli della regione di Hunza in Pakistan e quelli che risiedevano nell’Abkhazia, sulle montagne del Caucaso di quella che allora era l’Unione Sovietica.
A queste si aggiunse poi un quarto popolo che risiede presso le isole Okinawa in Giappone.
Da allora furono fatti molti altri studi, scoprendo in numerose regioni del mondo popoli che vivevano in salute fino a 100 anni e anche oltre.
Inizialmente, le prime ipotesi che vennero fatte sulla ragione di tale longevità riguardavano l’identificazione di un possibile fattore causante, come ad esempio l’ambiente in cui vivevano che era particolarmente sano, un tipo particolare di cibo, la genetica e così via, ma ben preso si vide come non fosse un singolo fattore, bensì il loro stile di vita in generale ad essere responsabile della loro salute e della loro longevità.

Vediamo quindi quali sono i tratti salienti di queste popolazioni.

Abkhazia – il paese del centenari
L’Abkhazia è una regione di circa 780.000 km2 tra le coste orientali del mar Nero e le vette della catena montuosa del Caucaso. Confina a nord con la Russia e a sud con la Georgia.
Il prof. Leaf visitò questo popolo e rimase sin dall’inizio sorpreso della loro longevità. Sebbene a prima vista non fosse possibile determinare l’età esatta di quelle persone, egli non aveva dubbi che in molti casi si arrivasse tranquillamente a 120 e 130 anni. Ciò che maggiormente lo sorprendeva era il loro stato eccellente di salute.



Circa l’80% degli abkhaziani di oltre
novant’anni era mentalmente sano e vivace.
Solo il 10% aveva problemi di udito e meno del 4% la vista indebolita.
La malattia quindi non era mai considerata un evento normale o naturale, nemmeno in età molto avanzata.
La loro dieta abituale era composta da cereali, frutta e verdura, noci, prodotti derivati dal latte come lo yogurt. La carne veniva consumata raramente. Quasi tutto viene consumato crudo.



Il loro livello medio di colesterolo è di 98, dato impressionante se paragonato con quello degli Stati Uniti che è 200.
Anche la quantità di cibo è più moderata, e viene masticata a lungo, gustando ogni momento del pasto e godendo della reciproca compagnia.
Altro dato importante: il loro stile di vita si basa sul movimento fisico e su un lavoro impegnativo fisicamente.


Però, la loro fatica fisica non prevede quello stress emotivo che spesso noi abbiano nel lavoro. Per loro il lavoro è espressione dei ritmi biologici e quindi non conoscono quel senso di fretta e di affanno che predomina nel mondo occidentale.
Infine, la loro cultura nutre un profondo senso di rispetto per l’anziano che viene venerato come saggio. Dall’altro lato, la stessa venerazione viene riservata ad ogni nuovo nato, e i bambini sono al centro della loro vita.

Vilcabamba:
la valle dell’eterna giovinezza

Vilcabamba è una città piccola e particolarmente inaccessibile, nascosta in mezzo alle Ande dell’Equador. A 1400 metri di altezza gode di un clima eccezionale, con una temperatura media di 20 gradi tutto l’anno e poca variazione stagionale.
Il dr. Leaf trovo questa piccola popolazione in ottima salute; le malattie erano quasi sconosciute; anche i più anziani soffrono raramente di fratture, osteoporosi o dolori artritici.


Cancro, diabete, obesità, malattie cardiache, artrite e demenza senile erano sconosciute.
Ciò che maggiormente colpì il dr. Leaf era l’eccellente qualità dei rapporti umani tra quelle persone. Da un punto di vista materiale erano poverissimi, ma ricchissima dal lato umano.
La sicurezza degli adulti e degli anziani non derivava dal conto in banca, ma dalla certezza che non sarebbero mai stati soli.
Per questo anche le malattie mentali come la depressione erano sconosciute.






Dal punto di vista alimentare, frutta e verdura fresca, cereali integrali, semi, noci e fagioli erano gli alimenti abituali. Alcune volte uova e latte, ma quasi mai carne. I dolci, come li conosciamo nel mondo moderno, sono completamente sconosciuti. Frutta fresca come fichi, ananas, angurie ecc. erano il loro dolce.







L’attività fisica è intensa ma non stressante ed il lavoro è considerato parte integrante della loro vita.
Gli anziani godono di grande considerazione e l’invecchiamento viene festeggiato come evento naturale delle vita, così come la morte, diversamente che nel mondo occidentale dove la vecchiaia implica il non essere riusciti a rimanere giovani, e la morte il non essere riusciti a rimanere in vita.










Hunza – gente che balla a novant’anni

Hunza si trova nell’estrema punta settentrionale del Pakistan, ai confini con la Russia e la Cina. L’ambiente naturale è meraviglioso perché vi convergono 6 catene montuose. La vallata ospita circa 30.000 persone che hanno vissuto in completo isolamento per migliaia di anni dal resto del mondo.
La loro vita, che supera facilmente i 100 anni, è straordinariamente sana. Non esiste alcun sintomo di affezioni coronarie, pressione sanguigna alta, colesterolo e altre malattie moderne. Non vi sono quindi ospedali, farmacie, ma nemmeno manicomi, prigioni, polizia, crimini e assassini, mendicanti e stiamo parlando di una popolazione di 30.000 persone.


Ciò che maggiormente stupisce è il loro livello di vitalità. Possono essere considerati il popolo più felice del mondo perchè si sentono davvero vivi.
Sebbene sia un paese mussulmano, le loro donne godono di grande libertà; girano senza velo, lavorano nei campi, indossano pantaloni, ereditano beni.

Come alimentazione, coltivano soprattutto frutta, le cui albicocche sono famose in tutto il mondo (ne esistono 20 varietà).

Consumano poi abbondanti dosi di verdura e cereali integrali, poche proteine soprattutto vegetali (99%), non hanno zucchero, sale e cibo trattato in qualche modo. L’80% del loro cibo è crudo.




Hanno un tenore calorico molto basso per i nostri standard che non riesce a spiegare come facciano ad avere anche un’intesa attività fisica giornaliera, perché per muoversi devono scalare montagne.






Okinawa: l’isola dei centenari


La prefettura di Okinawa, la più a sud del Giappone, è costituita da 161 magnifiche isole abitate da 1,4 milioni di persone. Sono considerate le Hawai del Giappone, ma al mondo vengono ricordate per la tremenda battaglia navale durante la seconda guerra mondiale che fece più morti che le bombe atomiche.
Ancora oggi queste isole sono occupate da imponenti basi americane.




Nel 1975 il governo giapponese ordinò uno studio per verificare ed eventualmente spiegare l’eccezionale longevità degli abitanti di queste isole.
Dal dati emerse che la maggior parte di quella gente superava i cento anni in perfetta salute; il 95% di loro non si era mai ammalato prima dei novant’anni.
Circa il 15% della popolazione supera i 110 anni.
Malattie mortali come le patologie coronariche, l’infarto e il cancro hanno i valori più bassi al mondo tra le popolazioni studiate.





Considerando che nel mondo occidentale, l’apice dell’età si raggiunge tra i 20 e i 30 anni e poi inizia il declino, tanto che a sessant’anni si è già perso il 60% della capacità respiratoria, il 40% delle funzioni renali e del fegato, e dal 15 al 30% della massa ossea, ed il 30% della forza, stupisce trovare questi anziani perfettamente in salute oltre i cent’anni.






Il tumore al seno colpisce 6 donne su 100.000; l’osteporosi è sconosciuta, le malattie cardiache sono inferiore dell’80%.
Il segreto della loro longevità e salute sta prima di tutto nell’ottimo cibo che consumano; cereali integrali, frutta e verdura, un po’ di pesce e mai carne, poche calorie (1900 contro le 2650 di un americano medio), mangiano lentamente e si gustano il cibo.
Anche in questa cultura, il rispetto per l’anziano e la cura dei bambini sono i cardini della vita comune.


Conclusioni

Appare evidente che siamo di fronte a popoli che dimostrano con la loro vita semplice che l’uomo può vivere tranquillamente oltre i cento anni mantenendo la salute fino agli ultimi istanti della sua vita.
Sarebbe un errore pensare che questi popoli vivono così grazie a fattori genetici, perché quando questi entrano in contatto con l’uomo occidentale la loro vita si accorcia e appaiono le malattie moderne.
Sicuramente l’ambiente è un fattore determinante, anche se a Okinawa è molto meno puro che negli altri popoli.

L’alimentazione è invece comune a tutti e certamente è un fattore determinante.
Anche lo stile di vita, inteso come qualità delle relazioni, ha un effetto straordinario sulla salute mentale e la longevità.
Infine, l’attività fisica intensa e l’abitudine a muoversi fisicamente contribuiscono a mantenere sano il corpo e i suoi organi.
Come detto all’inizio, queste ricerche dimostrano che l’uomo ha i mezzi per vivere a lungo felice e sano, solo deve avere la capacità ed il coraggio di usarli, invece che ignorarli e preferire altri mezzi più moderni ma più inefficaci.


tratto da
http://sottovoce360.blogspot.com/2010/10/sani-fino-100-anni-le-popolazioni-piu.html