sabato 20 marzo 2010

PSICOLOGIA DEL DIGIUNO

Tratto dal testo

IL DIGIUNO TERAPEUTICO

di S. Magnano

LA COMMUTAZIONE PSICHICA

DEL DIGIUNO

L’alimentazione veicola, col cibo, materia organica, stimoli e sensazioni varie (non solo gustative e olfattive, ma anche visive, termiche, tattili), agisce sulla sfera affettiva risvegliando ricordi, emozioni e comunicando significati simbolici.

Nell’adulto la relazione col cibo, per quanto forte, non conserva che le vestigia della portata originaria: per il lattante infatti il cibo non è distinto dal proprio essere, dalla madre e dall’ambiente e si può affermare che il mondo degli affetti, delle interazioni, delle relazioni, delle comunicazioni si venga via via formando all’interno di uno spazio psichico che inizialmente appartiene in gran parte al cibo. Per il lattante la prima percezione di una realtà esterna è in relazione alla "mamma -cibo", archetipo del mondo, dei bisogni, dei desideri.

La valenza psichica della realtà intera nella prima fase evolutiva è appartenuta a questo archetipo, che nel tempo ha ceduto spazi sempre più ampi ad altri elementi del vissuto e dell’esperienza.

Tutto ciò si mostra con evidenza nei disturbi che frequentemente gli adulti manifestano nella loro relazione col cibo, che possono essere ricondotti a comportamenti regressivi che vedono il cibo riconquistare spazi dello psichismo infantile.

Non soltanto il cibo rappresenta la prima esperienza di una realtà esterna, di un bisogno vitale dal quale si dipende, ma in quanto tale rappresenta anche l’elemento che ha dato l’avvio alla formazione dell’io.

Possiamo definire il sé il centro interiore che guida l’evoluzione e l’arricchimento della personalità, mentre l’io è una entità psichica parziale, a cui corrisponde l’abituale stato di consapevolezza, che censura e inibisce il varco verso la coscienza a tutto ciò che non corrisponde ai suoi schemi riduttivi che pretendono di inglobare la realtà: così facendo appiattisce e impoverisce la vita.

L’io è tuttavia una struttura psichica importante per la sopravvivenza: ricorda le esperienze, elabora modelli di comportamento, fa si che gli avvenimenti possano essere affrontati sulla scorta di ciò che si è già sperimentato. Gli aspetti negativi dell’io derivano dalla sua tendenza ad eccedere nel suo ruolo di guida e di controllo, negando ed eliminando dalla coscienza tutto ciò che non rientra negli schemi già elaborati.

Quanto più una persona è nevrotica, tanto più il suo io è rigido, schematico, ancorato ad una visione distorta della realtà perché elaborata sulla base di esperienze infantili che comportano atteggiamenti e comportamenti inadeguati alla vita dell’adulto: da qui prendono origine innumerevoli disturbi psichici e si comprende allora come il cercare di modificare l’io per renderlo più duttile sia una delle più importanti strategie della psicoterapia e di ogni metodo volto all’evoluzione personale.

Ogni cambiamento presuppone infatti che venga ridotta la forza di una struttura che chiude in rigidi schemi, così che possa crearsi la condizione opportuna ad una maggiore comprensione del mondo e della realtà interiore. In modo particolare la diminuzione della forza dell’io permetterà un intimo rapporto col sé.

Durante il digiuno il potere dell’io viene ridotto in modo peculiare, e questo avvia modificazioni psichiche di grande importanza, ed è quindi necessario cercare di capire come ciò possa avvenire.

L’io si è edificato nel corso delle esperienze, soprattutto quelle infantili, che hanno agito con grande forza strutturante, ed è mantenuto e sostenuto continuamente dagli stimoli che i sensi ricevono dall’ambiente nel corso delle esperienze quotidiane, nonché dall’insieme delle sensazioni interne, che costituiscono la cenestesi.

E’ noto che l’io si modifica quando cambia l’ambiente esterno, si indebolisce, si "destruttura" quando gli stimoli abituali vengono ridotti o eliminati.

E’ stato dimostrato che la "deprivazione sensoriale" determina una rapida riduzione e disorganizzazione dell’io: se un individuo viene posto in una stanza isolata acusticamente, senza variazioni di luminosità, temperatura e tale da ridurre il più possibile ogni stimolo, nell’arco di alcune ore o di pochi giorni subentra uno stato di coscienza alterato, sognante, nel quale il ruolo della propria identità cosciente è ridotto.

Ma l’io si modifica in generale ogni volta che cambiano le abituali relazioni interpersonali e i rapporti con l’ambiente (diverso è il modo di interagire del bambino a scuola, a casa, con gli amici, e simili modificazioni si mantengono, anche se ridotte, nell’adulto col variare del contesto sociale) e cambia anche col variare della cenestesi: sensazioni dolorose, febbre, condizioni patologiche di varia natura modificano profondamente atteggiamenti, comportamenti e manifestazioni varie della personalità.

Il digiuno comporta una modificazione di tutti i fattori presi in considerazione come elementi in grado di modificare l’io: infatti determina "deprivazione sensoriale" perché vengono a mancare le molteplici stimolazioni indotte dalla assunzione del cibo, che stimola dalla nascita più volte durante il giorno i sensi della vista dell’olfatto, del gusto durante i pasti.

I pasti poi rappresentano dei momenti che ritmano la giornata, hanno un significato rilevante tra i "riti" quotidiani e tra le occasioni sociali: la mancanza dei pasti modifica pertanto le abituali relazioni interpersonali e i rapporti con l’ambiente: non ci si siede a tavola, non si incontrano gli abituali commensali. Questi cambiamenti sono ancora più rilevanti se si digiuna, come è consigliabile nei lunghi digiuni, lontano da casa.

Il cibo inoltre non solo stimola i sensi, ma agisce modificando le sensazioni della fame e della sazietà ed è all’origine di una continua catena di sensazioni interne connesse con la digestione, l’assimilazione, la metabolizzazione, l’evacuazione: tutte queste funzioni fisiologiche vengono infatti profondamente modificate dal digiuno, tanto è vero che si instaurano dei profondi cambiamenti anche a livello biochimico, e in modo particolare a livello cerebrale: cambia la totalità dell’ambiente interno e con esso la cenestesi, la percezione abituale della totalità del proprio corpo.

L’inanizione comporta insieme deprivazione sensoriale, modificazioni ambientali e relazionali, variazioni della cenestesi, tutti fattori in grado di agire modificando la struttura dell’io.

Tutto ciò può essere valutato nella sua rilevanza se si tiene nel debito conto che le modificazioni riguardanti il rapporto col cibo incidono su quello che abbiamo definito come l’archetipo di ogni altro rapporto: all’io , durante il digiuno, viene a mancare, per così dire, la base sulla quale ha eretto i suoi schemi, i suoi divieti, i suoi ruoli, viene a mancare il terreno stesso che ha alimentato la sua crescita e mantenuto il suo dominio e pertanto si attenua la sua rigidità e la sua forza limitante.

L’io allenta le sue forzature, diventa più disponibile a farsi permeare dalle istanze intime e l’individuo potrà così più liberamente ripiegarsi a cogliere le esigenze profonde e le direttive del sé, nucleo centrale e vivificatore della psiche, iniziando una trasformazione evolutiva che lo porterà ad una vita più ricca e partecipe.

L’io non si disgrega, non si destruttura, come nella deprivazione degli stimoli ambientali, perché persistono tutti gli stimoli sensoriali e le relazioni interpersonali non legati al cibo: piuttosto é come se il suo "materiale costitutivo" perdesse durezza e rigidità, diventando più fluido e più elastico.

La coscienza coglie con pienezza e abbandono la nuova esperienza che pertanto potrà agire con forza strutturante sulla personalità.

Tutto questo non si verifica in modo semplice e lineare: pur essendo un unico processo vi possiamo distinguere manifestazioni diverse, alcune momentaneamente disturbanti perché manifestano la rottura di un equilibrio, l’eliminazione di blocchi e rimozioni, la liberazione improvvisa di forze arginate, ma che tuttavia comportano effetti positivi in quanto rappresentano gli elementi di crisi che ogni reale cambiamento comporta.

Schematicamente possiamo distinguere quattro tipi di fenomeni con cui si manifesta la profonda commutazione psichica indotta dall’interruzione dell’alimentazione e che sono in gran parte riconducibili alla maggiore elasticità dell’io:

1)L’affiorare di aspetti psicopatologici compensati e mascherati ma non superati realmente.

2)La liberazione di cariche emotive bloccate (catarsi)

3) Maggiore consapevolezza, spontaneità, integrazione.

4)Intimo rapporto col sé

Tutte le religioni prevedono digiuni rituali come mezzo di penitenza e purificazione.

Il Buddismo prescrive ai monaci di digiunare ogni mese nei giorni del novilunio e del plenilunio.

Nella tradizione braminica e yogica si prescrive di digiunare nei giorni di Ekadashii, cioè l’undicesimo giorno dopo la luna nuova e dopo la luna piena.

Per gli ebrei il più importante dei digiuni si pratica tra settembre e ottobre, in occasione del solenne giorno di espiazione: il giorno del Kippur.

Per l’Islamismo il digiunare è una delle prescrizioni fondamentali: particolarmente solenne l’astinenza del mese del Ramadam, il nono dell’anno solare, che consiste nell’astenersi dal mangiare, dal bere, dal fumare e dall’avere rapporti sessuali dall’alba al tramonto.

Nella religione cristiana in passato digiunare per lo spirito era tenuto in grande considerazione: il venerdì di ogni settimana, vigilia di Natale, di Pasqua, dell’Assunta, di Ognissanti.

Ricordiamo i digiuni più noti della tradizione ebraico-cristiana: quello di Mosè (quaranta giorni), quello di Elia (quaranta giorni), quello di Davide (sette giorni) quello di Gesù, (quaranta giorni), quello di S. Francesco (trentanove giorni).



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