giovedì 15 aprile 2010


L’EGGREGORE

Di Vittorio Vanni

Il termine eggregore o eggregora ha avuto una notevole fortuna nell’ambito esoterico, Il termine, che proviene dal greco “to grigoreion”, vegliare, si può nel contempo considerare un arcaicismo e un neologismo. I Grigori, i Veglianti, sono citati nel libro di Enoch, un aprocrifo o pseudoapocrifo della Bibbia, in quanto fu riconosciuto come non canonico dalla Chiesa cattolica e come tale non inserito nella Vulagata. Il libro di Enoch viene citato da molti autori classici e paleocristiani, perlomeno fino all’undicesimo secolo. Poi scompare, fino a che viene citato da Pico della Mirandola che nei suoi studi di diritto canonico ne aveva consultato una versione greca a Bologna.

Le edizioni finora conosciute sono:

· Enoch Etiopico

Nel XVI secolo veniva ancora usato dalla chiesa copta abissina. Una copia fu trovata da James Bruce, l’esploratore delle sorgenti del Nilo azzurro, che la portò in europa, donandola alla Biblioteca Bodleyana di Oxford, nel 1773.

· Enoch slavo

Viene considerato come una rielaborazione posteriore dell’Enoch etiopico. Probabilmente il testo originale era in lingua ebraica. Ve ne sono cinque versioni, serbe e russe.

La critica lo considera la versione più antica, espressione di una tradizione sacra prebiblica , risalente alla cultura accadiano-sumerica. Questa versione, la più complessa da un punto di vista simbolico, è stata probabilmente quella che ha ispirato sotterraneamente alcune tradizioni esoteriche attuali. Il Libro di Enoch slavo era un testo studiato dai Bogomili e da questi venne portato ai loro affini catari e patarini della sud della Francia e nella Catalogna, dove, oltre ad alimentare la mistica di origine gnostica contribui certamente alla nascita dell’interpretazione cabbalistica delle sacre scritture, nata in Spagna del XIII° secolo.

· Enoch ebraico

È una successiva contaminazione, il cui manoscritto, conservato nella Bibloteca Bodleyana di Oxfors, è del 1511. Il testo viene attribuito a Rabbi Ismael Ben Elisha, gran sacerdote, vissuto nel II° secolo d.C.

Il testo è improntato ad una complessa simbologia. Enoch, che visse 365 anni, scrisse la sua visione in 365 capitoli. Nella numerologia gnostica lo stesso numero è attribuito a Abraxas, una genialità che compare in innumeri gemme talismaniche dello stesso nome. Probabilmente è un acrostico che allude a Kronos – Jaldabaoth, forse la principale entità gnostica, con cui divide gli stessi attributi simbolici. Enoch è un uomo comune, che vive la vita comune degli uomini. All’improvviso una facoltà terribile gli si presenta, quella di vedere nella pianta il seme e poi il suo maturare, crescere, decadere, così come nel bambino vede già l’uomo ed il vecchio. Presente, passato e futuro sono per lui la stessa identità temporale o, meglio, atemporale. È la visione del profeta, del Naib ebraico, che è nel contempo un mistico ed un veggente. All’umanità, tesa a superare il dolore e l’angoscia del quotidiano nella speranza e nell’illusione di un futuro migliore, Enoch non concede alcuna speranza. La sua visione del futuro è pessimistica o forse realistica. Le conseguenze delle azioni dell’uomo portano la conseguenza del rapporto causa-effetto, visto come un castigo divino. Ma questo castigo, queste punizioni non risolveranno, catarticamente, il destino dell’uomo. È l’eterno ed irrisolto, forse irrisolvibile, problema del male. Enoch lo risolve attraverso il superamento del dualismo che incatena l’universo, nella risalita verso quell’uno che tutto risolve in sé. Ma il Libro di Enoch è soprattutto un testo di angelologia, da cui Origene certamente trasse. In sintesi, la ribellione degli angeli al Creatore, nasce dal loro desiderio di unirsi alle figlie degli uomini, vedendo che erano belle e seducenti. Per convincerle, insegnarono loro le arti della vita, l’agricoltura, l’allevamento, le scienze e le arti. Dal loro amplesso nasce una razza di giganti, di titani orgogliosi, che oppressero gli uomini, e che quando questi si ribellarono, li divorarono. Enoch attribuisce non solo a questi essere depravati non solo il cannibalismo, ma anche il cibarsi di carni animali, peccato mai prima commesso. La punizione divina non tardò ed i grandi Angeli fedeli portarono distruzione nella razza dei giganti, ma produssero nel contempo dolore e morte nell’umanità ormai contaminata dal seme dei ribelli. Sono questi ribelli i Veglianti, coloro che sono sempre presenti nell’Anima Mundi, ed ispirano gli uomini ad una conoscenza considerata colpevole in quanto non improntata a saggezza. Una frase di Cartesio riecheggia lo stesso concetto: “Scienza senza coscienza è rovina dell’anima.”


IL NEOLOGISMO “EGGREGORE” NELL’ESOTERISMO CONTEMPORANEO

Le tesi gnosticheggianti del Libro di Enoch, come un fiume sotterraneo, riemersero nella metafisica del XVIII secolo dai loro misteriosi corsi sotterranei. È noto come l’enciclopedico mago rinascimentale John Dee, nelle sue evocazioni angeliche usasse l’alfabeto enochiano per comunicare con l’Angelo della finestra d’Occidente. Nell’islamismo Enoch è conosciuto con il nome di Idris, un’entità eterna che, come un avatar, dovrà rivelarsi alla fine dei tempi. Da una particolare cabbala islamica ebraizzante deriva il cosiddetto Manoscritto di Algeri o Libro Verde, che formò la base di un’importante gruppo esoterico del settecento francese, che, come molti altri uso il canale massonico come mezzo di testimonianza e proselitismo. Un portoghese, discendente di Sebastien de Las Casas, Joachin del La Tour du Pin del Las Casa Martines de Pasqually, maestro di teurgia fondo l’Ordre des Elues Cohen, usando come propedeutici i primi tre gradi massonici. L’Ordine arrivò a contare in Francia ed in altri stati europei oltre duemila adepti. Fra le operatività invocative ed invocative particolare risalto veniva dato all’angelologia. Nel Trattato della reintegrazione degli esseri, una complessa cosmogonia ed una particolare interpretazione della Sacra Scrittura. un capitolo di particolare importanza viene intitolato ad Enoch. Poco più di sessant’anni dopo Eliphas Levi Zahed, pseudonimo dell’Abbé Louis Costant, riconia il nome eggregori nella sua vasta opera di divulgazione esoterica, citandone la fonte enochiana. Lo stesso termine è usato da René Guènon, la massima autorità nel campo della tradizione esoterica, con un significato più sublimato e rarefatto. Non si tratta più degli angeli ribelli, ma della creazione umana di una forma pensiero che rafforzata secondo l’energia, il numero degli operatori, e la durata del tempo dell’operazione, assume un’essenza personalizzata, una individualità potente da cui si può attingere poi forza e vigore. Quest’energia non rappresenta la somma matematica delle energie dei partecipanti, ma le moltiplica geometricamente all’infinito, perlomeno fino quando dura l’operatività dei partecipanti.

È in ciò che consiste la teurgia, letteralmente la creazione di dei. L’operatività eggregorica consiste nella creazione di una forma energetica differenziata, che il singolo non può effettuare da solo, in quanto questa ha necessità di due o più persone. Questo concetto, espresso in una fraseologia attuale, ha infiniti riscontri nella storia delle religioni. Anche nel Cristianesimo si afferma, per bocca del Cristo, lo stesso concetto “Quando due o più di voi saranno assieme, là sarò io…”. Anche in questo caso, l’ascesi individuale ha necessità di una comunità, di una liturgia, di una forma che prepari la discesa dell’essenza. Nel campo dell’astrologia gli eggregori sono in genere comparati ai decani, espressioni simboliche di forse astrali primordiali, facoltà specializzate e differenziate dell’indifferenziata energia universale. Per quanto l’astrologia necessiti del calcolo matematico, dell’osservazione degli astri, l’interpretazione dei dati scientifici è soggetta all’analisi analogico-simbolica. Come in ogni altra disciplina esoterica, la ragione si esalta nell’intuizione, per produrre l’Intelletto che è considerato come una forma di pensiero superiore, l’unione dei contrari, il Rebis ermetico.

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